Qualche settimana fa mi trovavo a Roma, in gita scolastica. Solo verso la fine della gita mi sono accorto che davanti al nostro albergo c’era un negozio di libri. La sera prima della partenza ho pigliato un paio di amici e siamo andati a vedere.
Davanti a noi il piccolo negozietto è incastrato fra due edifici più grandi. Dietro alla vetrina un muro di libri, le copertine sbeccate e logore. Ai nostri piedi delle cassette di plastica contengono libri dalle pagine ingiallite. Incollato alla vetrina un foglietto di carta con scritto “Libri usati a 1 euro”. Incredibile. Mi sporgo verso la porta di vetro aperta: un vecchietto dalla barba bianca parla con un signore di mezza età con un giubbotto grigio. Tutto attorno a loro pile e pile di libri fino al soffitto illuminati da una lampada nel soffitto. «Diamo un occhiata?» chiedo ai miei amici. Mi avvicino alle cassette davanti a me, odore di carta e polvere mi entra nelle narici. Fantastico!
Quella sera comprai un libro e i miei amici una decina di fumetti di Dylan Dog. Avrei voluto prendere qualche libro in più, ma il tempo era poco e quel libro era l’unico che mi interessasse. Il libro è: Conan Doyle – Tutti i romanzi fantastici.
Ho letto il primo romanzo dei quattro, “Il mondo perduto”, che è anche il più lungo (circa 170 pagine).
Malone è un giovane giornalista che scrive per il Daily Gazette ed è innamorato di una ragazza di nome Gladys. Quando si decide a confessare il suo amore lei gli risponde che non è abbastanza coraggioso e vorrebbe come marito un uomo che le altre donne le possano invidiare. Malone quindi deciso a far vedere il suo coraggio va su richiesta del giornale per cui lavora da un certo scienziato di nome Challenger. Questo è tornato da una spedizione nel rio delle amazzoni affermando l’esistenza dei dinosauri in un misterioso acrocoro sperduto nelle foreste. Dopo un iniziale litigio con Challenger, Malone ne diventa amico. In una conferenza viene proposta una seconda spedizione per verificare la veridicità di ciò che Challenger dice. Lo scienziato Summerlee, accanito oppositore di Challenger, si propone per partire come anche un certo Lord John Roxton e lo stesso Malone.
Doyle scrive abbastanza bene: la storia è raccontata da Malone che scrive un resoconto del viaggio per il Daily Gazette e perciò molte cose sono giustificate. Le varie digressioni e similitudini assurde sono quindi giustificate ma comunque brutte.
[Parlando degli pterodattili] Avevano chiuso le immense ali membranose ripiegando le zampe anteriori, e sembravano così delle vecchie donne gigantesche avvolte in orrendi scialli color ragnatela dai quali uscivano fuori le loro teste feroci.
[Parlando di Ronald Murray] Perché diavolo la gente che ha da dire qualcosa che valga la pena di essere sentita non si prende il piccolo disturbo di imparare a farsi sentire, rimane uno dei misteri della vita moderna. È come versare del liquido prezioso in un recipiente attraverso un tubo occluso che potrebbe essere aperto con un minimo sforzo. |
E via dicendo… Quando Doyle vuole mostrare qualcosa è capacissimo ma spesso si perde in divagazioni poetiche completamente brutte e inutili.
In quelle immense distese di foresta la vita, che aborrisce il buio, lotta per la luce. Ogni pianta, anche la più piccola, si aggroviglia spasmodicamente verso l’alto, avvinghiandosi agli alberi pur di raggiungere la sua meta. Le piante rampicanti sono enormi e lussureggianti, ma altre, che non hanno imparato ad aggrapparsi a qualche appiglio, imparano l’arte di scappare dall’ombra più fitta: così la comune ortica, il gelsomino, e persino la palma jacitera, si spingono intorno ai fusti dei cedri, protese a raggiungere le loro chiome. Non c’era traccia di vita animale tra le maestose navate che si aprivano davanti a noi, ma un costante movimento sopra le nostre teste indicava la presenza di una miriade di serpenti, di scimmie, di uccelli e bradipi amanti della luce, che osservavano dall’alto stupiti le nostre figure piccole, scure e incerte, che avanzavano nel lontanissimo regno buio sotto di loro. |
Qui Malone scrive senza mostrare nulla di preciso o concreto e per di più utilizzando termini poetici e inconsueti. Non viviamo quindi un esperienza diretta di questo luogo ma ci becchiamo le considerazioni già masticate dal narratore che alla lunga annoiano. Avrebbe dovuto farci vivere esperienze dirette della foresta mostrando che all’ombra non cresce niente, che i rumori di rami spezzati e versi di uccello provenivano dalle fronde degli alberi. In realtà Doyle è capace di scrivere bene, come ho già detto, infatti dopo un po’:
Per un attimo vedemmo far capolino un animale con le gambe arcuate che se ne stava acquattato nel buio, probabilmente un formichiere, che scappò via goffamente tra le piante. |
Sebbene non sia una descrizione troppo buona dopo tre pagine di considerazioni poetiche sulla foresta amazzonica il formichiere mi ha tirato su il morale perché è concreto e specifico. Oltretutto durante tutto il viaggio per raggiungere l’acrocoro Malone non fa nulla e si comporta da semplice osservatore e Lord Roxton sparisce del tutto. Mentre invece Summerlee e Challenger si rimbeccano continuamente facendo anche divertire il lettore.
Un’altra cosa a svantaggio del libro è il fatto che Doyle ci preannuncia sempre che sta per accadere qualcosa di terribile o inaspettato tramite l’utilizzo di termini come “all’improvviso” o “improvvisamente” o ancora “di colpo”. Altre volte invece accade di peggio:
[Malone si sta arrampicando] Vi passai la testa sotto per vedere che cosa c’era più oltre, e quasi caddi dall’albero per la sorpresa e l’orrore di quello che vedevo. |
Questi preamboli, utilizzati anche da Lovecraft, sono molto dannosi perché ci avvertono che sta per succedere qualcosa di improvviso e di fatto riducono l’effetto sorpresa. Se questa frase non ci fosse stata il lettore non sarebbe stato preparato a quello che succede dopo e sarebbe rimasto più colpito. Ovviamente il metodo con cui queste cose vengono narrate (resoconto di Malone) giustifica tutte queste cose, che però rimangono brutte.
D’altra parte i personaggi sono ben delineati, chi di più chi di meno. E troviamo alcune piacevoli come il simpatico conflitto interno di Malone che esce di notte combattuto fra la codardia e il desiderio di farsi elogiare dai suoi compagni. E altre parti molto ben riuscite.
La coerenza è costante in tutto il libro e Doyle da bravo scrittore è molto attento a quello che scrive, l’unica possibile incoerenza che ho notato riguarda le scorte di cibo e munizioni che molto spesso sembrano terminate ma all’occorrenza ricompaiono (magia?).
Ho notato che Doyle non se la cava molto bene con le descrizioni di momenti d’azione, ne riporto due particolarmente interessanti:
[Baruffa fra Challenger e Malone nello studio di Challenger] Fu in quel momento che mi si lanciò contro. Per fortuna avevo aperto la porta, altrimenti l’avremmo sfondata. Facemmo una girandola lungo il corridoio. Lungo il tragitto incontrammo una sedia e la trascinammo con noi in strada. Io avevo in bocca la sua barba, ed entrambi avevamo le braccia e il corpo intrecciati con quella sedia maledetta che ci bloccava con le sue gambe. L’attento Austin [maggiordomo] aveva aperto la porta dell’ingresso, così finimmo avvinghiati sulle scale del portone. |
[Uomo scimmia tenta di ammazzare Malone] Dal fitto fogliame verde sopra il mio capo erano sospese due lunghe braccia nerborute ricoperte di peli rossi, e stavano scendendo piano piano. Un secondo in più, e quelle mani d’acciaio si sarebbero strette intorno alla mia gola. Corsi indietro ma, anche se ero veloce, quelle mani lo erano di più. Colte alla sprovvista dal mio scatto repentino, avevano mancato la presa, ma una delle due mi afferrò dietro al collo e l’altra mi prese in faccia. Alzai le braccia per proteggermi la gola e, un attimo dopo, la zampa che mi aveva afferrato la faccia mi immobilizzò le mani. Mi sentii sollevare facilmente da terra, e una forza incredibile mi spinse all’indietro la testa finché non avvertii un dolore insopportabile alla cervicale. […] Quando la creatura avvertì che cedevo, nella sua bocca malvagia brillarono per un attimo due bianchi canini, e la sua stretta si serrò maggiormente intorno al mio mento, tirandolo verso l’alto. |
Il finale è buono e non tenta di rifilarci la solita morale da quattro soldi, anche se a un certo punto sembra che i quattro vogliano tacere riguardo l’acrocoro per preservarlo alla fine se ne fregano. E l’idiozia di Malone che si percepisce nel primo capitolo viene punita.
Quindi sebbene ci siano digressioni, poetismi, gestione sbagliata dell’effetto sorpresa e descrizioni assurde il tutto viene salvato da:
-una svolta originale del tema (non solo dinosauri);
-una scrittura il più delle volte buona;
-un finale soddisfacente;
-un sapiente utilizzo di interrogativi che inducono a continuare a leggere;
-una coerenza quasi impeccabile.
Vi suggerisco quindi di leggerlo se vi capita sottomano.